master-studi-del-territorio-header
logo master Environmental Humanities - Studi del Territorio

HOME | IL MASTER | REGOLAMENTO | CONSIGLIO | PARTNERS

Il Master

Il Master Studi del Territorio / Environmental Humanities nasce nel 2015/2016 come evoluzione del Laboratorio “Analisi dell’ambiente e del territorio” coordinato da Daniela Angelucci e Federica Giardini presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università di Roma Tre.

La genesi

Ai due anni del Laboratorio hanno partecipato figure di rilievo nell’elaborazione di saperi e azioni sul territorio – da Marco Armiero, direttore dell’Environmental Humanities Laboratory dell’Università di Stoccolma a Marco Cremaschi, professore di urbanistica a Roma Tre e ora presso SciencesPo di Parigi, da Francesco Careri, professore di architettura a Roma Tre e fondatore con Lorenzo Romito e Giulia Fiocca del collettivo Stalker – che hanno poi tutti contribuito alla fondazione del Master in “Studi del territorio-Environmental Humanities”.

Prima il Laboratorio e poi – in modo ancor più strutturale – il Master rispondono a un’esigenza politica e culturale ben precisa: dare spazio, visibilità e legittimità, all’interno dell’accademia, a pratiche, saperi, esperienze, forme di vita che si sono generate e si generano costantemente sul territorio, in particolare quello di Roma. Tutti noi che animiamo questo progetto abbiamo avuto e abbiamo esperienza – anche con modi, tempi, intensità diversi – di come un territorio sia capace di produrre quanto a pratiche di esistenza, socialità, economia, conoscenza, soggettività politica, innovazione, tra attivismo e pratiche informali quando non ai limiti della legalità. In effetti, sono state le relazioni costruite e vissute sul territorio, attraversando, incrociando o intercettando diverse esperienze di attivismo a costituire il terreno comune che ha dato vita al Master – ed è solo allora che abbiamo pure realizzato che, tra filosofia e architettura, condividevamo anche il lavoro all’Università.

La congiuntura

Il Master nasce nel 2015, abbiamo detto. E non è un caso. L’iniziativa del Master si è resa infatti urgente in quella determinata congiuntura, quando la stagione dei movimenti sui beni comuni, sulla lotta alla precarietà, che ha dato vita anche a occupazioni straordinariamente innovative, si stava ormai esaurendo, anche a causa dell’incapacità, da parte delle istituzioni che governano il territorio, di accoglierne le istanze più avanzate. Ecco, il Master è nato dall’esigenza di non disperdere tutta quella ricchezza di pratiche e, inoltre, di rinnovare – in un senso ben diverso da quello mercantile propinato dalla retorica neoliberale – il parco dei saperi accademici, che non hanno rapporti con il territorio.

Perché, però, proprio un master? Ci è apparsa quasi una scelta obbligata: il Master è infatti uno dei pochi dispositivi tra quelli a disposizione dell’apparato universitario che apre l’università al territorio – con un certo margine di autonomia – alle sue istituzioni, formali e informali, mescolando funzioni e scambi: il territorio diventa soggetto che produce saperi. E che consenta inoltre – perché no – anche di produrre una seppur modesta economia. L’intenzione non è dunque salvaguardare e tutelare – magari formalizzandoli e “disciplinandoli” – quei saperi che proprio dal territorio traggono la propria linfa vitale. Anzi, nostra intenzione era ed è quella di rendere il Master uno spazio di relazione tra i diversi fuochi dove si produce sapere: dal territorio di Roma ad altri territori, ovunque nel mondo, alle università, ai centri di documentazione, etc. che rispondono – pur nelle rispettive peculiarità – alle medesime esigenze, urgenze ed emergenze.

Lo spirito

Ci è sembrato inoltre opportuno inserire il Master all’interno della nascente rete transnazionale delle Environmental Humanities, che guardano al territorio e all’ambiente con un approccio alternativo e multidisciplinare rispetto alle derive mercantili e identitarie, oggi predominanti. In questa prospettiva saperi, pratiche, narrazioni differenti – dalla letteratura all’estetica, dall’architettura alla geografia, dall’etnografia alle politiche sociali – si sono rivelate feconde proprio perché in tensione tra loro. Ci sembra che il continuo confronto, tra esperienze, idee, punti di vista diversi abbia reso il Master stesso un territorio, soggetto che produce sapere piuttosto che diventare oggetto passivo di tecnologie di governo. È dunque questa storia che caratterizza la struttura didattica e formativa del Master e l’articolazione dei singoli Moduli , che si aggiorna e rinnova ogni anno attraverso nuove collaborazioni.

I fili di Arianna

Sulla pagina del sito del Master il primo anno galleggiavano due astronauti: sotto di loro il mondo, molto vicino, che offriva paesaggi di urbanità informali, di tessuti urbani vernacolari e territori esotico-industriali. Gli astronauti ci raccontavano di uno sguardo strabico, che riusciva per un lato ad osservare il territorio urbano planandovi ed esplorandolo direttamente, calpestandone il suolo ed esperendone l’atmosfera; dall’altro, a conservare le migliaia di chilometri utili per orbitarvi intorno ed osservarlo da lontano (distanza necessaria, a volte, sia per una analisi critica che per scatenare gli immaginari dei luoghi che non conosciamo).

Il secondo anno da Pompei è arrivata la tuffatrice, un brulicare di tuffatrici e tuffatori color rosso pompeiano, che si lanciano e riemergono da uno specchio d’acqua sullo sfondo della Città dello Sport, capolavoro dell’incompiuto romano dell’archistar Santiago Calatrava. Le tuffatrici ci sollecitavano sullo sprofondare, sull’immergersi, e poi, appunto, sull’emergere: l’emergenza, nel doppio significato della parola, e dunque l’allarme per il pericolo repentino di un fenomeno in atto, ma anche l’emersione di circostanze, dinamiche e spazi che da quel pericolo possono salvarci.

Quando ci chiedono che cos’è questo master spesso rispondiamo “è un master che si occupa di territorio dal punto di vista umanistico e scientifico, non tecnoscientifico”. È un master che non intende produrre professionalità intenzionate ad inserirsi nel mondo lavorativo entrando ciecamente nel sistema di controllo e produzione del territorio neoliberista, ma persone capaci di osservarlo elaborando critiche utili alla decostruzione e al superamento di quel sistema. È un master che prende posizione, perché afferma che il territorio lo si deve studiare e governare attraverso uno sguardo multidisciplinare: specificità dell’offerta formativa del master è infatti l’impegno a integrare i diversi saperi e la pluralità di competenze necessarie quando si affrontano i temi sollevati dall’abitare, e operare in una dimensione territoriale, urbana, ambientale. L’obiettivo è infatti sviluppare le conoscenze necessarie per leggere e comprendere il contesto territoriale e urbano da differenti prospettive all’interno dell’ambito umanistico, coinvolgendo saperi quali l’architettura, l’urbanistica, la geografia, l’economia, la filosofia politica, la storia dell’arte e l’estetica. I diversi sguardi si compenetrano, talvolta in forma complementare e talvolta in modalità oppositive, scatenando micro-conflittualità che esprimono il portato della messa in gioco di ogni ambito disciplinare. Per far ciò, sembra importante sottolineare il ruolo della dimensione collettiva: in questo senso, il master si rivela utile non solo come laboratorio di formazione condivisa, ma anche come collettivo di elaborazione di saperi inediti e critici. Le Environmental Humanities sono una forma innovativa di ricerca che fa tesoro della crescente consapevolezza in merito alla crisi climatica e alle trasformazioni ecologiche, e intendono costruire e offrire strumenti analitici e operativi per il dibattito pubblico e per gli interventi sul territorio.